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Chi Volle la Caduta di Ceausescu?

All'epoca in cui era ambasciatore a Tunisi, l'ex vice primo ministro romeno Gelu Voican Voiculescu rievocò per noi le giornate del dicembre 1989, che culminarono con la fucilazione di Ceausescu e di sua moglie Elena, al termine di un processo sommario organizzato dallo stesso Voican Voiculescu.
La biografia dell'ex vice primo ministro è tutta particolare. Originario di una famiglia che ha dato alla Romania il principe Mihai Sturdza, ministro degli Esteri nel governo nazional-legionario, Gelu Voican Voiculescu si scontra ben presto con il regime nazionalcomunista. A diciotto anni, nel 1959, è espulso dall'Istituto di Ricerche Petrolifere della Facoltà di Geologia in quanto "esponente della reazione interna in contatto con la reazione esterna"; è accusato di portare un crocefisso al collo, di non partecipare ai corsi di dottrina marxista-leninista, di praticare un genere di pittura decadente, di essere incline al misticismo, di nutrire disprezzo nei confronti dell'educazione comunista e così via. "Questi capi d'imputazione furono sufficienti perché venissi espulso dall'università, con grandissimo scandalo, allorché si fece un'epurazione su vasta scala nel mondo studentesco. Il regime di Gheorghiu Dej doveva far fronte a un epifenomeno della rivolta d'Ungheria, manifestatosi da noi con un ritardo di due o tre anni rispetto al 1956. Si cercò di reprimere ogni tentativo di contestazione che potesse verificarsi nelle file studentesche, perch‚ si sapeva che gli studenti rappresentavano un'avanguardia. Ebbene, con queste misure la gioventù fu costretta al silenzio. Nella seduta che decretò la mia espulsione ebbi l'improntitudine di affrontare le autorità accademiche, strappando un applauso ai presenti, sicché‚ nella prosecuzione pomeridiana della seduta, fu ammesso in sala soltanto il personale di servizio".
Viene considerato "un pericoloso agitatore nei ranghi della giovent-" e la Securitate nel 1965 intesta un fascicolo a suo nome. Nel 1969 i servizi segreti lo ritengono implicato nelle manifestazioni studentesche del Natale precedente.. Nel 1970 viene arrestato e messo sotto inchiesta per tradimento dal Consiglio della Sicurezza dello Stato.
"Fui accusato -racconta- di divulgazione di segreti di Stato, spionaggio economico, espatrio clandestino. In realtà, trovandomi in Ungheria, avevo cercato di andare in Austria. Ma la frontiera romena non la avevo passata illegalmente. Venni perciò assolto per mancanza di prove; le accuse concernenti la sicurezza dello Stato non rimasero in piedi. Nel corso di una perquisizione, avevano trovato quello che definivano materiale interessante: grafici astrologici, simboli alchemici ecc.; tutto ciò venne lungamente sottoposto a inutili tentativi di interpretazione, perché si pensava che fosse un codice segreto..." Rimesso in libertà tre mesi più tardi, nel 1977 è sospettato di aver avuto a che fare con gli scioperi dei minatori della Valle del Jiu, ma viene assolto per mancanza di prove. Tuttavia viene sottoposto a un più stretto controllo: durante una sua assenza, viene applicato un microfono all'interno di una parete di casa sua. Nuovo arresto nel 1985: è accusato di aver diffuso testi fotocopiati di contenuto anticomunista.
"Siccome da noi non dovevano ufficialmente esistere detenuti politici, fui classificato come detenuto comune, anche se l'inchiesta era stata promossa dalla Securitate in base all'art. 66 (propaganda contro l'ordinamento dello Stato). Fui dunque condannato a un anno e mezzo per frode, perché non avevano potuto produrre contro di me elementi tali da inchiodarmi. D'altronde io mi assunsi volentieri quelle responsabilità che avrebbero fatto di me un detenuto comune, perché per gli altri reati erano previste pene che superavano i quindici anni. E così, di un anno e mezzo scontai un anno soltanto, perché Ceausescu emanò un'amnistia nella quale rientrai anch'io".
Uscito dal carcere vive isolato, sotto stretta sorveglianza, finché nell'ottobre 1988 è sottoposto a una nuova inchiesta, dopo che nel corso di una perquisizione gli è stato sequestrato un centinaio di libri di filosofia, dottrine orientali, astrologia. Nell'agosto del 1989 la sua abitazione è ancora perquisita: stavolta gli sequestrano un'altra sessantina di volumi, per lo più testi di induismo e buddhismo, ma anche le Confessioni di Sant'Agostino. Sembra imminente un ennesimo arresto, quando scoppiano i disordini del dicembre 1989.
"La sorte volle -dice Voican- che io seguissi Ion Iliescu negli studi della Televisione, quando nessuno aveva la certezza che Iliescu sarebbe diventato il capo dello Stato. Fu un'opzione che mi proiettò bruscamente nel nuovo gruppo di potere. La mia è stata una carriera politica del tutto insolita, anzi, incredibile. D'altronde io non ho nessuna colpa, se non c'è niente così inverosimile come la verità".
Sono le parole più adatte per introdurci ad una versione del tutto inedita degli avvenimenti che nel dicembre 1989 portarono alla caduta del regime di Ceausescu.

Per entrare nel vivo dell'argomento, ripeto le parole pronunciate dal Conducator durante il "processo" allestito dallo stesso Gelu Voican. (Questi, a dire la verità, era contrario a una farsa del genere e avrebbe preferito una più onesta esecuzione sommaria; ma prevalse il parere di Iliescu, secondo il quale il passaggio dalla dittatura allo Stato di diritto doveva essere inaugurato da un regolare processo...) Orbene, Ceausescu avrebbe detto ai suoi "giudici" di essere consapevole che la sua sorte era stata decisa a Malta, durante l'incontro tra Bush e Gorbaciov.
"Noi non possiamo sapere che cosa sia stato deciso a Malta -mi obietta Voican -. Però è cosa certa che la rivoluzione romena venne innescata dai servizi di diverse potenze straniere. Nella misura in cui il terreno era dell'URSS, la presenza effettiva e la manodopera furono fornite dal KGB. Nello stesso tempo, la CIA si era insediata a Budapest, dove aveva installato una sua centrale. Tra i due organismi vi fu una stretta collaborazione. L'operazione si chiamò "Valacchia 89" e richiese l'impiego di mezzi assai cospicui. Pare che la CIA abbia partecipato più che altro con piani e denaro e il KGB con la logistica. Posso dirle, in base a informazioni provenienti da fonti autorevoli, che dopo il 6 dicembre il numero dei turisti sovietici crebbe bruscamente di dieci volte e a partire dal 16 dicembre vi furono in Romania 67.000 turisti sovietici. Sono cifre esatte, fornite dai punti di frontiera. In genere, entravano in Romania su automobili Lada, quattro uomini giovani o di età media su ciascuna auto. Sono probanti le registrazioni effettuate nelle camere degli alberghi, anche se non tutti questi strani turisti avevano preso alloggio in albergo. La maggior parte di loro entrò dalla frontiera occidentale, dalla Jugoslavia e dall'Ungheria, molti addirittura su automobili con targa jugoslava. Forse vi furono anche agenti jugoslavi che operarono a Timisoara. Sicuramente vi furono agenti ungheresi, a Timisoara. Fu la TV ungherese a dirigere gli avvenimenti e a istigare la gente alla solidarietà col pastore Tökes, il quale rappresentò la miccia dell'esplosione".
"Dunque -gli chiedo- gli eventi del dicembre 1989 furono il risultato di una macchinazione dei servizi segreti delle due superpotenze e dei loro fiancheggiatori ? "
"Al momento attuale, disponendo di informazioni alle quali ho avuto accesso solo dopo quegli eventi, sono in grado di formulare un'ipotesi: il 16-17 dicembre a Timisoara e il 21-22 a Bucarest, questi servizi che preparavano il rovesciamento di Ceausescu vollero fare una prova generale per valutare la situazione. Nella loro rappresentazione della realtà, il popolo romeno era considerato inerte e passivo, mentre i servizi di repressione erano ritenuti fedelissimi a Ceausescu e molto efficienti. Allora gl'ispiratori dell'operazione vollero per prima cosa tastare il terreno e vedere quale fosse l'adesione della popolazione, come avrebbero reagito la Milizia, la Securitate, l'Armata, il Partito, i mezzi di comunicazione. Pensarono quindi di fare una prova a Timisoara e nella Capitale. Ma questo semplice tentativo diede il via ad un processo che sfuggì loro di mano e li colse di sorpresa. Essi avrebbero voluto che la rivolta scoppiasse il 30 gennaio o forse in gennaio, e invece furono sorpresi tutt'a un tratto da un incendio generale. Tutto andò al di là delle loro aspettative. Mentre loro volevano semplicemente esaminare la situazione, la cosa assunse le dimensioni di una rivolta generalizzata. Fu questo a paralizzarli, oltre al nostro comportamento atipico. Noi infatti, nel nostro dilettantismo e confusionismo, demmo a questi professionisti l'impressione di agire secondo un piano prestabilito, un piano che a loro sfuggiva. In realtà, noi non avevamo proprio nessun piano e procedevamo alla cieca. Allora si bloccò qualcosa nel meccanismo degli agenti stranieri. Essi fecero alcune provocazioni, spararono qua e là, spaccarono qualche vetrina, ma poi tutto prese un suo corso e non poté più essere fermato. Fu così che Ceausescu cadde in maniera estremamente rapida, praticamente in un solo giorno. Nessuno se lo sarebbe mai potuto immaginare".
"Quale sarebbe stato lo sbocco politico dell'azione intrapresa dai servizi segreti russo-americani e dai loro collaboratori, se le cose si fossero sviluppate secondo il loro schema ?"
"Questi servizi segreti avevano l'obiettivo di disintegrare la Romania come entità statale: sul caos si sarebbero dovute creare le premesse per l'ingresso di truppe straniere che smembrassero il paese. James Baker, d'altronde, formulò al Patto di Varsavia una proposta di questo genere. Ma c'è dell'altro. L'intensa mediatizzazione della rivoluzione di dicembre (che monopolizzò gli schermi televisivi di tutto il mondo) costituì una cortina fumogena dietro la quale gli americani commisero quell'abuso che fu il rapimento di Noriega, il quale era in ogni caso un capo di Stato, fosse o non fosse un narcotrafficante. Gli americani violarono la sovranità e l'indipendenza del piccolo Stato di Panama con un atto di pura e semplice pirateria. A ciò non si prestò molta attenzione, perché l'attenzione mondiale era polarizzata sulla Romania".
"Evidentemente -osservo- gli americani applicarono la lezione imparata nel 1956, quando i sionisti aggredirono l'Egitto approfittando del fatto che l'attenzione mondiale era concentrata sulla rivolta di Budapest".
"Nel caso della Romania e di Panama vi fu certamente un progetto e una premeditazione. Un'operazione come quella di Panama non si improvvisa, cogliendo al volo l'occasione della rivolta che sta avvenendo in Romania. Tutto fu programmato e sincronizzato secondo un piano ben preciso. D'altronde c'era l'intenzione di smembrare la Romania: l'URSS si sarebbe presa il Delta del Danubio e la Moldavia fino ai Carpazi, la Bulgaria avrebbe preso il sud della Dobrugia, la Jugoslavia il Banato, l'Ungheria la Transilvania. La Romania si sarebbe ridotta ai minimi termini: Valacchia e Oltenia. E' normale allora che non sia stato previsto un successore per Ceausescu, proprio perché si voleva che si producesse il massimo disordine. Non solo, ma in questo caos era prevedibile lo scoppio di una guerra civile tra la Securitate e l'Armata; si sa d'altronde che sotto Ceausescu tra queste due istituzioni c'era una certa rivalità".
"A questo punto, come fu che il piano fallì ?"
"Fallì, perché scoppiò la rivoluzione. Parlo di rivoluzione, perché gli eventi del dicembre 1989 ebbero tutto l'aspetto di una rivoluzione, tranne la preparazione anteriore, poiché non è esistito un movimento clandestino che la abbia preparata. Il 21-22 si produsse una rivolta spontanea che prolungava quella di Timisoara; il 22 si trasformò, da rivolta popolare spontanea, in una rivoluzione con un comando militare, un gruppo direttivo, un programma (i dieci punti), una dottrina (edificazione di uno Stato di diritto, democrazia parlamentare ecc.). Si trattò di una rivoluzione, perché vi fu un cambiamento radicale di sistema: dal socialismo al capitalismo. Non fu un colpo di Stato, perché ebbe una vasta partecipazione popolare e perché nessun membro del gruppo di Ceausescu entrò a far parte del gruppo dirigente. Sicuramente si produsse in un tempo molto breve, ma ciò non ne diminuisce l'intensità".
"Ritiene che il cambiamento di regime in Romania sia stato determinante per i cambiamenti che si sono verificati successivamente all'Est ?"
"Quello che, nonostante la presenza di Ion Iliescu, può essere chiamato il radicalismo anticomunista della rivoluzione romena, ha creato le premesse per lo smantellamento dell'URSS. Ciò che avvenne in Romania (nascita di partiti politici, pluripartitismo, separazione dei poteri ecc.) ha avuto come epifenomeno lo smembramento dell'URSS. Questo evento ha significato per la rivoluzione la possibilità di sopravvivere, perché, fin da quando è esistito il garante del blocco comunista, cioè il bastione sovietico, non è stato possibile sperare di distruggere irreversibilmente il comunismo".
"I tentativi russoamericani di ingerenza nelle faccende romene sono terminati nel dicembre 1989 o sono proseguiti anche successivamente?"
"Sicuramente, in una situazione esplosiva come quella che fu prodotta dalla saturazione e dall'esasperazione del popolo romeno, alcune iniziative ebbero il ruolo di un fiammifero in una atmosfera incendiaria. Sembra però che in seguito non vi sia stata più nessuna azione del genere, perché l'esplosione fu così violenta, così brutale e così brusca, che superò ogni aspettativa e praticamente lasciò i provocatori e gli agenti nell'incapacità di reagire. Tuttavia non è escluso che, dato questo insolito corso degli eventi e data l'imprevista apparizione del nostro gruppo al potere, certi piani di ingerenza siano stati ostacolati da questo fatto stesso. Quella misteriosa azione dei terroristi che avrebbe dovuto sopprimere il gruppo di potere, non è escluso che anch'essa avesse lo scopo di eliminarci in quanto persone indesiderabili. Se è verosimile l'ipotesi dello smembramento del paese, allora certo non si poneva il problema di un successore; ma non è escluso che avessero previsto, tuttavia, un successore che subentrasse a Ceausescu. Non è escluso che la nostra apparizione e il corso precipitoso degli eventi abbiano impedito la presa del potere al gruppo che secondo i piani doveva prenderlo. Di più: non escludo che nelle nostre stesse file si fossero infiltrati, approfittando del disordine, alcuni di quelli che erano designati".
Per concludere, gli rivolgo una domanda provocatoria: "Non crede che l'instaurazione della democrazia e la totale apertura all'Occidente rappresentino un pericolo mortale per la Romania e che, tutto sommato, certi valori tradizionali della società romena fossero meglio salvaguardati dal regime nazionalcomunista che voi avete abbattuto?"
"La sua domanda non è affatto assurda. Nonostante la tremenda oppressione, in quel periodo sono apparsi grandi uomini che hanno avuto un impatto straordinario sul loro ambiente. Penso a intellettuali guénoniani come Vasile Lovinescu o Anton Dumitriu; penso al cineasta Paul Barbaneagra; penso al sacerdote Dumitru Staniloaie, grande teologo ortodosso. Ma vi sono state altre personalità che, operando secondo modalità culturali più semplici, hanno tuttavia contribuito a mantenere la cultura romena a un livello elevato. D'altra parte, credo nella vitalità della Chiesa ortodossa, la quale ha una missione veramente spirituale e non si lascerà secolarizzare. E allora, con queste difese, potremo evitare l'influenza nefasta dell'Occidente; anzi, potremo offrire un esempio e svolgere una certa azione antagonista".

Queste erano le pie speranze nutrite dall'impolitico Gelu Voican una decina d'anni fa.